Il Bonus Vacanze 2020 è una misura che è stata adottata dal Governo attraverso il Decreto n. 34/2020, cosiddetto Decreto Rilancio, al fine di incentivare il turismo nell’ambito del territorio nazionale.
Si tratta di un contributo di importo variabile, fino ad un massimo di 500 euro, messo a disposizione per le famiglie il cui ISEE non sia superiore ai 40.000 euro.
In particolare, è modulabile in base al numero dei componenti del nucleo familiare. Per le famiglie composte da almeno tre persone, il bonus sarà di 500 euro. Per i nuclei familiari composti da due persone invece, l’importo sarà di 300 euro mentre, per il singolo, di 150 euro. I destinatari del bonus possono spenderlo per l’acquisto di servizi presso strutture ricettive, quali alberghi, agriturismi e bed&breakfast.
Ci sono alcune regole cui è necessario prestare attenzione al fine di svolgere la procedura correttamente per poter usufruire del credito. Innanzitutto, è necessario che le spese siano sostenute in un’unica soluzione in relazione ai servizi acquistati presso la struttura ricettiva. Inoltre, è necessario munirsi di documenti che consentano di provare la spesa sostenuta. Pertanto, occorrerà una fattura elettronica o un documento commerciale che attesti l’avvenuto pagamento e che riporti il codice fiscale del beneficiario del bonus.
Attenzione: il bonus non è usufruibile se l’acquisto del servizio viene effettuato con l’ausilio di portali di intermediazione alla prenotazione, come Booking o Expedia. È necessario prenotare direttamente presso la struttura di destinazione, contattandola telefonicamente, per email o tramite il sito web: l’importante è che l’acquisto sia diretto.
La buona notizia è che non bisogna formulare alcuna richiesta. Non è necessaria alcuna procedura sfiancante su siti sovraffollati. Basta procedere con l’acquisto, documentarlo e dichiararlo al momento della dichiarazione dei redditi. In particolare, al momento dell’acquisto del servizio, bisognerà pagare il 20% dell’importo totale: il restante 80% verrà scontato e quindi, in sostanza, non deve essere pagato. Si potrà poi recuperare il 20% sotto forma di credito d’imposta. Allo stesso modo, la struttura ricettiva riceverà l’80% al momento della dichiarazione dei redditi, dunque sempre nella forma del credito d’imposta.
Tale meccanismo di rimborso ha suscitato diverse polemiche da parte dei titolari delle strutture alberghiere, poiché evidentemente non fornisce loro alcuna liquidità. Molti di essi hanno infatti riferito di incontrare numerose difficoltà nel riavviare la propria attività, proprio perché non dispongono di denaro da spendere per pagare i collaboratori e per acquistare a loro volta prodotti e servizi.
Al contrario la misura è stata ben accolta dalle famiglie, le quali vedono in essa un concreto sostegno al loro desiderio di trascorrere qualche giorno in vacanza.
D’altronde, l’Italia è un Paese che vive anche di tanto turismo, locale ed estero: si stima che la perdita economica registrata da marzo a maggio ammonti a quasi 8 miliardi di euro. Una cifra altissima.
Al tempo stesso non bisogna dimenticare che il settore turistico non rientra tra i settori che forniscono beni o servizi di prima necessità alle famiglie: motivo per cui, nel caso di mancanza di fondi, le vacanze sarebbero la prima cosa a cui le famiglie rinuncerebbero.
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Vivo nella mia amata città dove da tanti anni gestisco uno studio legale come consulente di società, gruppi societari e start-up. Nella mia attività quotidiana non mancano mai diritto di famiglia, redazione di contratti e tutela del marchio. Sono la mamma di Alice e Filippo, amo viaggiare, andare in barca e chiacchierare con le amiche di sempre.
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