Coronavirus: ansia e paura? Ho pensato fosse necessario intervenire attraverso la mia esperienza e la mia professionalità per dare il supporto minimo a tutti noi, che stiamo vivendo momenti difficili.
In questi giorni di difficoltà ed emergenza ho pensato molto a cosa potessi fare per starvi accanto. A cosa potessi fare per aiutarvi e sostenervi da lontano. Un contatto senza tatto. Un contatto fatto di parole. Sentivo che dovevo far qualcosa ma non capivo cosa. Molti di voi mi hanno chiesto di intervenire per poter esprime un parere generale sulla situazione ma ho preferito lasciare la parola agli esperti. Virologi, microbiologi, medici, professionisti sanitari che hanno a che fare direttamente con la situazione. Ho condiviso quindi post e video di esperti lasciandoli parlare attraverso i miei canali social.
Poi la situazione è precipitata. Lì mi sono resa conto che in qualità di psicologa, potevo e forse dovevo intervenire. Me ne sono accorta quando ho visto un video di persone che in preda al panico abbandonavano la terra nella quale vivono e lavorano. Lì nella mia mente è scattato qualcosa. Lì, sono sincera, ho pensato “è una catastrofe”. Mi è servito per riflettere ancor di più e capire davvero come intervenire. La mia parola ha probabilmente poche orecchie ma non importa meglio pochi che nessuno.
Allora cari genitori vi chiedo di condividere tra altri genitori. Vi chiedo di diffondere perché per fortuna viviamo in una società in cui qualsiasi cosa può diventare virale. Sembra ironica questa parola, in questo preciso periodo storico, eppure ora più che mai è vera.
Vedendo le persone che scappavano mi sono detta “Guarda cosa fa fare la paura!”. Poi mi sono corretta. “Questa Arianna non è paura, questo si chiama PANICO!” Si, esiste una differenza tra i due termini, ma soprattutto esiste una differenza neurochimica tra le due emozioni.
Quando abbiamo paura il nostro organismo si attiva. Si mette in allarme e dice “Ok caro mio puoi scappare oppure puoi lottare! Cosa pensi sia meglio?” In un attimo il nostro cervello si organizza indirizzando anche il nostro corpo e predisponendolo per la lotta o la fuga. Quindi nel sangue vengono rilasciate determinate sostane chimiche come noradrenalina, cortisolo, adrenalina che a sua volta fanno sì che il nostro corpo si modifichi.
Quindi il cuore inizia a battere più forte affinché il sangue arrivi ai muscoli per farci correre o lottare. Le pupille si dilatano così che la vista si acuisca, la frequenza respiratoria aumenta, il sistema digerente viene momentaneamente messo in stand-by così come tutti i sistemi che in quel preciso momento non sono strettamente necessari. La reazione di attacco o fuga “spegne” la nostra mente razionale, anche le convinzioni più ragionate vacillano e ci si muove in modalità “attacco”. Si come fossimo degli animali, ma in fondo siamo mammiferi e veniamo da lì. Questo stato di allerta ci fa percepire quasi tutto nel nostro mondo come una possibile minaccia per la nostra sopravvivenza.
Le reazioni neurochimiche sono pressappoco le stesse. Quindi ancora cortisolo, adrenalina, noradrenalina circolano nel sangue per predisporre il corpo all’azione. Anche in questo caso percepiamo un pericolo e il nostro organismo attiva il sistema di allarme. La differenza sta nel grado di intensità e di durata nel tempo. Eh già perché mentre la paura è un’emozione adattiva che ci permette di difenderci (lotta, fuga o immobilizzazione) intensa e di breve durata, cioè il nostro organismo recupera lo stato fisiologico una volta cessato il pericolo, l’ansia è meno intensa ma ha una durata maggiore. L’organismo dunque permane per più tempo in uno stato di allarme, senza cioè ripristinare un equilibrio. Questo fa sì che le sostanze neurochimiche rilasciate, primo fra tutti il cortisolo, siano in eccesso nel nostro corpo.
Sostanzialmente quando abbiamo paura, l’abbiamo rispetto ad un pericolo imminente e reale. Circoscritto nel tempo e nello spazio. Cessato il pericolo cessa la paura e il nostro organismo dopo essersi attivato ripristina l’equilibrio. Banalmente il cuore rallenta, questo è il modo più diretto che abbiamo per capire la paura. Quando siamo in ansia invece reagiamo ad un pericolo percepito non così ovvio agli occhi e agli altri.
Sono giuste entrambe le risposte, perché dipende molto dalle persone e dal loro grado di vicinanza con quel pericolo reale o percepito. Vi siete chiesti perché le persone sono scappate, perché non hanno riflettuto sulla vera pericolosità, perché non hanno pensato che così facendo avrebbero potuto contagiare i loro familiari in altre regioni d’Italia? Perché non hanno pensato che radunandosi in stazione sarebbero stati tutti a stretto contatto? Questo è proprio ciò che genera il panico. Il virus è invisibile, è un pericolo percepito. Non lo si può controllare. L’uomo non ha potere per sconfiggerlo. Non può né scappare né lottare di fronte a questo pericolo.
Il cervello reagisce “scomponendosi”. Per capire questa affermazione vi faccio fare un giochino. Prendete la vostra mano e chiudete le dita come a formare un pugno. Fate in modo però che il pollice sia sotto le dita della mano. Dunque il pollice è posto tra il palmo e le dita della mano. Fatto? Ok, questo è il nostro cervello. In particolare il polso rappresenta il tronco encefalico, la struttura più primitiva del cervello o cervello rettiliano; il pollice, posto al centro del pugno chiuso (sotto le dita), rappresenta il sistema limbico o cervello limbico; le dita (mignolo, anulare, medio e indice poste sopra il pollice) rappresentano il cervello più moderno o neocorteccia.
Chiaramente il cervello funziona in modo univoco e complesso ma questa tripartizione fa ben comprendere cosa accade in caso di ansia o paura. La parte nuova, dunque la neocorteccia, rappresentata dalla vostra mano dalle quattro dita, si separa dalla parte limbica, dunque dalla parte considerata il centro del controllo delle emozioni. Per sopravvivenza in caso di pericolo dobbiamo essere in grado di scappare o fuggire dunque la neocorteccia, la parte razionale non è funzionale e si “disconnette”. Il sistema limbico ha dunque la meglio.
Esattamente la stessa cosa. Il nostro cervello razionale si “separa” dal cervello emotivo. Il problema è che mentre in caso di paura, dunque in caso di pericolo reale, questo comportamento adattivo ci fa agire, in caso d’ansia e di pericolo percepito la non connessione causa comportamenti poco razionali.
Sia ben chiaro che l’ansia è fisiologica, per dirla in altri termini è normale. Non ci alzeremmo la mattina se non avessimo una buona dose d’ansia. Il punto è che quando i livelli d’ansia crescono fanno perdurare nell’organismo un’attivazione neurochimica che ha diverse ripercussioni anche sulla formulazione dei nostri pensieri. Viviamo in un’epoca in cui le informazioni viaggiano ad una velocità che supera la velocità di ragionamento.
Condividiamo post, immagini, video senza accuratamente soffermarci sul significato di ciò che stiamo leggendo e ricondividendo. In questi giorni mail, social, tv, giornali, amici, parenti hanno completamente intasato le conversazioni, reali e virtuali, parlando di Coronavirus. La potenza dei nostri mezzi di comunicazione ha fatto breccia nel nostro cervello facendo sì che questo continuo bombardamento non ci permettesse di ragionare, di riflettere generando nella nostra mente PANICO. Un eccessiva quantità di stimoli, ovvero la gran quantità di notizie lette, ascoltate, sentite, condivise, ha fatto sì che il cervello limbico avesse la meglio sul cervello razionale. Il panico è il risultato dell’interruzione di questa comunicazione tra i nostri due cervelli.
Bene oltre alle regole che spero già sappiate a memoria, vi vorrei fornire altre norme che servono a placare questo stato d’ansia e a riconnetterci alla realtà, nello specifico il cervello limbico alla neo-corteccia grazie alla quale produciamo pensieri razionali.
“Ma che regole stupide”! Si forse avete ragione possono sembrare regole sciocche ma sono alla base del funzionamento cerebrale. È ciò che ci permette di far in modo che il nostro cervello funzioni bene e non agisca d’impulso. La paura, l’ansia sono fisiologici, normali, ma come cittadini possiamo rispettare le indicazioni dateci.
Puoi fare molto. Per i medici, per il loro rispetto, puoi rimanere a casa praticando una delle attività che ti ho proposto nel punto 3. Rimanendo a casa non solo tutelerai te stesso e la tua famiglia ma anche gli altri, chi magari è più fragile di te e avrebbe bisogno di maggiori cure qualora prendesse quest’influenza.
PUOI FARE MOLTO RIMANENDO FERMO!
Sembra strano ma invece di agire ci stanno chiedendo di fermarci. Allora fermiamoci e usiamo questo tempo per riconnetterci con noi stessi e con la nostra famiglia. In una vita frenetica adesso possiamo permetterci di sostare. Facciamolo!
Come Psicologa io sono a disposizione gratuitamente per qualsiasi chiarimento, bisogno o problema. Basta cliccare qui. Vi sono vicina sia che tu faccia parte della zona rossa della nostra bella Italia, sia che siate delle zone verdi della nostra penisola.
Vi abbraccio e con il cuore spero che questo articolo diventi virale, un virus positivo che viaggia di persona in persona, attraverso le vostre menti e vostri cuori.
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Sono Arianna Terrana, Psicologa per scelta e passione. Mi occupo di perinatalità, dell’infanzia e della relazione genitore-bambino. Sto accanto alle famiglie per sostenerle ed accompagnarle nel loro cammino di vita. Lavoro con il corpo e non solo attraverso le parole per questo sono formata in PsicoNeuroEndocrinoImmunologia e sono insegnante di Massaggio Infantile (A.I.M.I.).
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