Giornata mondiale della prematurità: una giornata per ricordare, sostenere e sensibilizzare sul tema delle nascite premature. Ne parla la Dott.ssa Maria Rosaria Montemurro.
Giornata mondiale della prematurità, quando l’imprevedibile coglie alla sprovvista e a volte le cose non vanno esattamente come erano state sognate. Questo può succedere in generale durante il corso del ciclo vitale di ognuno e può succedere durante quella che viene definita la “dolce attesa”, attesa che per molti, quando crollano le dolci aspettative, ha un retrogusto “amaro”. Potrebbero insorgere problemi già dall’inizio di una gravidanza o nel corso della stessa, si potrebbe aver bisogno di cure e interventi medici che si sarebbero voluti evitare… e così un bambino potrebbe arrivare prima del termine….
Il 17 novembre ricorre in tutto il mondo il World Prematurity Day ovvero la Giornata Mondiale della Prematurità, manifestazione globale celebrata in più di 60 paesi, che dal 2011 ha come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica e accrescere la consapevolezza sul tema delle nascite premature. Ogni anno, circa 15 milioni di bambini nascono prima del termine di 37 settimane di età gestazionale. In Italia i bambini nati prematuramente risultano essere più di 30.000, il 7% del totale. Di questi, circa 4500 hanno un peso inferiore a 1500 grammi e prematurità grave.
L’OMS ricorda come “le complicazioni dovute a nascite pretermine siano la principale causa di morte tra i bambini sotto i cinque anni di età”. Tutti necessitano di un’assistenza adeguata e di programmi di Follow Up multidisciplinari e strutturati nel tempo, per evitare di vedere aumentato il rischio di invalidità permanente e la scarsa qualità della vita per questi bambini che potrebbero sviluppare complicanze a livello cerebrale o alterazioni di sviluppo in diversi apparati.
Quando succede l’imprevedibile, quindi, ci si trova quasi “catapultati” in un mondo che non si conosce, dove il Tempo non esiste, dove tutto odora di disinfettante già nel corridoio. Nello stanzone della Terapia Intensiva Neonatale (TIN) ci si ritrova dinanzi a tante scatole di vetro, una delle quali custodisce proprio il tuo bambino che troppo bruscamente e troppo precocemente si è separato dal ventre della madre e che per poter sopravvivere senza il suo cordone ombelicale, necessita di fili, sondini gastrici per gavage, c-pap, saturimetri, monitor dai suoni allarmanti e cure costanti.
L’interruzione del forte legame di quella diade rappresenta un grosso stress per il bambino, con effetti a breve e a lungo termine. Nel 1983 fu studiato un intervento specifico da due neonatologi di Bogotà: Hector Martinez ed Edgar Rey. Esso consisteva nel mettere il corpo nudo del neonato prematuro a stretto contatto con il petto nudo del genitore, con l’orecchio posizionato sul cuore tanto da poterne sentire il suono del suo battito. Inizialmente la tecnica servì per fronteggiare un’emergenza legata all’alto numero di prematuri contro un basso numero di incubatrici presenti, per poi rendersi conto che in realtà questo metodo abbassava la mortalità dei pretermine dal 70% al 30% (Florita M., 2016) oltre che riduceva danni cerebrali.
Gli studi su quella che fu poi denominata Kangaroo Mother (and Father) Care, Marsupio Terapia, consigliata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’, tanto da essere considerata dagli esperti un vero e proprio intervento terapeutico, ha permesso alla diade madre-figlio di ripristinare quel legame interrotto e alla triade genitori-neonato di entrare in Relazione tra loro, creando una propria esperienza corporea. Nella costruzione del Sé Corporeo di un bambino, infatti, centrale è il CON-TATTO fisico, pelle a pelle, con i propri genitori, per rafforzarne l’Attaccamento.
Supportare le famiglie dei piccoli pazienti, coinvolgerle maggiormente e quotidianamente nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (non tutte le TIN, purtroppo, sono aperte H24), in quanto parti integranti della cura, facilitatori e co-regolatori del loro sviluppo cognitivo, psicologico ed emotivo, è vitale per i neonati pretermine: migliora gli esiti delle terapie, riduce la durata del ricovero e determina effetti positivi sull’esito della salute neuro-comportamentale a distanza. La connessione fisica ed emozionale che si attua attraverso gli sguardi, i sorrisi, la voce, il contatto fisico, infatti, svolge una funzione di modulazione dello stress, di protezione neurobiologica e di promozione delle competenze di regolazione del bambino.
E’ scientificamente provato che questo Con-Tatto risulti essere uno dei metodi naturali per:
Come possiamo quindi vedere, molti sono gli studi che evidenziano il beneficio del contatto sui neonati; ma in realtà, guardando dal punto di vista della coppia genitoriale, queste tecniche apportano numerosissimi vantaggi anche in loro.
Essere genitori di prematuri gravi significa affrontare un evento di vita traumatico “ad altissima vulnerabilità psichica” (Carel, 1981) e vivere una continua esperienza di “corporeità negata” (Florita M., 2016). Negati, infatti, saranno gli abbracci, i baci, la suzione al seno, la voglia di ergerli al cielo. Sono corpi che non entrano in gioco.
Le madri raccontano il rimpianto e il senso di colpa per non aver potuto portare a termine una missione “sacra” (Balsamo E., 2012); i padri accoglieranno le notizie date dai medici cercando di “edulcorare la pillola” alle compagne e proteggerle il più possibile in questo delicato momento. Entrambi, in ogni caso, spesso faticheranno a “sentirsi adeguati e necessari” per i propri figli.
Le loro prime reazioni saranno di un disagio emotivo molto forte, costituito da:
Si potrebbe arrivare addirittura a stati dissociativi come difesa psichica dell’evento paranormativo che si sta vivendo, tanto da distanziarsi dal bambino a livello corporeo ed emotivo. A mano a mano che si trascorre del tempo in TIN, si aggiungono altre risposte comuni:
In una meta-analisi su campioni della popolazione generale di donne nel periodo postnatale, sono stati rilevati sintomi di depressione nel 10% delle puerpere a 1 mese dal parto (Gavin et al., 2005).
Riconoscendo formalmente tali disagi emotivi, nel 2014 la National Perinatal Association (NPA) statunitense ha costituito un gruppo di lavoro composto da genitori di prematuri ricoverati in TIN e da un’équipe multidisciplinare di specialisti medici, con il fine di creare 6 linee guida per l’assistenza psicosociale di queste famiglie. Malgrado tali raccomandazioni si basino su una prospettiva statunitense, l’NPA considera questi risultati una “generale direzione per trasformare le unità di terapia intensiva neonatale” (Hynan e Hall, 2015).
Seguire a livello terapeutico queste famiglie alle dimissioni dalla TIN, le agevolerà nella mitigazione del disagio emotivo scaturito da sentimenti intensi e contrastanti oltre che dallo stress dato dal portare a casa un bambino vulnerabile e fragile. L’obiettivo sarà quello di accompagnarle in una nuova fase di riorganizzazione del vissuto e di adattamento allo stesso. Con il fine di darsi la possibilità di convivere con una realtà che sul piano emozionale potrebbe restare dolorosa e inaccettabile.
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Nel corso della mia vita sono sempre stata affascinata dalla genealogia, dai legami familiari, dalle tradizioni. Questa mia grande passione mi ha portato, dopo il Corso di Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità, a Specializzarmi in Psicoterapia Sistemico-Relazionale. In seguito alla mia esperienza di Maternità, ho conseguito un Master in Psicologia Clinica Perinatale. Ho dedicato molta attenzione al periodo che va dal desiderio del concepimento fino alla nascita del bambino e proseguendo per i suoi 1000 giorni di Vita, occupandomi con una visuale a tutto tondo della diade che diventa triade. Socia A.S.I.P.P. (Associazione Scientifica Italiana Psicologia Perinatale), tengo docenze all’interno di un Master in Psicologia Perinatale.
Alcune immagini sono indelebili nella memoria: forza piccolina, ce la facciamo anche stavolta, sarai più forte di tanti altri. Così è stato. Nessuno può sapere cosa ci sta aspettando e cosa ci sarà dietro l’angolo. Le risorse di questi cuccioli sono incredibili e sono da stimolo per tirare fuori tutto ciò che abbiamo da offrire. I medici, premurosi, hanno instradato un percorso che ha permesso di gioire del suo primo sorriso, dei suoi primi passi, delle parole (tante tante tante…). Oggi, con lei a fianco, mi farebbe piacere far sapere che è un passaggio, non sempre facile, ma che riempie di luce. Il senso di colpa poco per volta si allontana e lascia spazio alla normalità della scoperta di tutti i momenti di vita assieme
Cara Chiara,
Grazie per aver condiviso con noi le tue parole piene di luce e speranza.
Un forte abbraccio
Il Team di Mimom
Essere la mamma di un bimbo in TIN significa che appena nato non lo puoi vedere. Aspetti 24 ore e potrai vedere chi é tuo figlio. Lo vedi in incubatrice attaccato a milioni di fili. Ti dicono che sta bene e che é un toro. Ma é tuo figlio e non lo puoi toccare. Lo vedi sotto una campana di vetro come se fosse un antico oggetto da museo.
La prima volta che lo prendi in braccio ti si apre un mondo. Ma non puoi baciarlo, no. Hai la mascherina. Non può sentire la tua pelle, no. Hai addosso un camice. Non riesci a passeggiare con lui, no. É attaccato ad una flebo. Se piange non ci sei sempre tu a consolarlo. Impara a gestire il pianto da solo. Tu, mamma, tu che lo hai messo al mondo, hai degli orari per vederlo. In quelle ore ti giochi tutto. Quando torni a casa lasciandolo lì nella sua culla in ospedale ti senti morire. Non é normale staccarsi da tuo figlio appena nato. Ma lo fai. E sai che é per il suo bene. Sai che ha più grinta di te mamma che ogni 2 ore ti tiri il latte per il suo bene, che non dormi la notte e quel poco che dormi lo fai sognando i suoi occhi e la sua bocca.
Il papà? Il papà ancora non può vederlo, sai, c’è il covid. Eppure é figlio suo tanto quanto tuo. Si accontenta di una banalissima foto o di un video di qualche minuto. E sopporta te mamma che torni a casa disperata e stanca.
Ti dicono di goderti questo momento che poi quando arriva inizia la fatica. Godermi cosa? Un post parto senza mio figlio? Non vedo l’ora di non dormire perché vuole le coccole e non perché sono attaccata all’ultimo modello di mungitrice per donne che cercano disperatamente di dare il loro latte al loro bambino.
Tutto questo finirà presto, ma sappiate che le mamme, i papà e i figli che passano dalla neonatologia hanno coraggio da vendere.
Carissima Eleonora,
Le tue parole sono toccanti e crediamo non si possa immaginare neanche da lontano cosa si prova in una situazione simile. Deve essere straziante ma come dici tu,
passerà presto, ce lo auguriamo con tutto il cuore e quando passerà avrai il tuo piccolo tutto per te, potrai abbracciarlo, baciarlo, consolarlo e coccolarlo quanto vorrai. Non esisterà cosa più bella. Perché loro ci danno la forza e il coraggio per affrontare la vita.
Ti siamo vicine
Il Team di Mimom